miércoles, 5 de junio de 2013

Quaderni del carcere, de Antonio Gramsci (1929-1935)



«Che i letterati non si occupino dell’emigrato all’estero dovrebbe far meno meraviglia del fatto che non si occupano di lui prima che emigri, delle condizioni che lo costringono a emigrare ecc.; che non si occupino cioè delle lacrime e del sangue che in Italia, prima che all’estero, ha voluto dire l’emigrazione in massa. D’altronde occorre dire che se è scarsa (e per lo più retorica) la letteratura sugli italiani all’estero, è scarsa anche la letteratura sui paesi stranieri. Perché fosse possibile, come scrive l’Ojetti, rappresentare il contrasto tra italiani immigrati e le popolazioni dei paese d’immigrazione, occorrerebbe conoscere e questi e… gli italiani.»


Antonio Gramsci, Quaderni del carcere, vol. III, a cura di V. Gerratana, Torino, Einaudi, 1975.

4 comentarios:

  1. Gramsci come filosofo va letto alla luce di Gentile e Sorel, ma come intellettuale ha uno spessore tutto suo che è irriducibile a chiunque. Se non fosse un'offesa, in questi tempi di prostituzione diffusa, si potrebbe dire che è un intellettuale a tutto tondo, ma ormai quelli che si fregiano di questo titolo se ne vanno in televisione a gridare cose senza senso. Meglio ancora: con il senso del profumo della valuta con cui sono pagati. Grazie di aver messo questo passaggio dei quaderni, di cui avevo perso davvero la memoria.

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  2. No voy a dejar de decírtelo, aunque lo repita varias veces: es excelente esta selección de textos que vas haciendo. Me resultan muy interesantes los diferentes puntos de vista que se cruzan, y el modo en que vas presentando - través de autores que ni sabía qué habían escrito- la complejidad del fenómeno (in)migratorio. Tanti cari saluti!

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  3. ¡¡Muchísimas gracias, Ana!! Me da mucha alegría saber que te gusta este recorrido de lecturas. Un abbraccio!

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