viernes, 29 de mayo de 2020

Alle rive del Plata. Ricordi di viaggio, Ferdinando Resasco (1890)





«Un giorno io domando ad un uomo serio: vogliate dirmi quali siano i monumenti principali dai quali dovrei cominciar la rivista, a Buenos Aires.
L’altro mi risponde: – I principali monumenti sono le banche.
Poco soddisfatto, ripetei la stessa domanda ad un altr’uomo ancor più serio. – Egli mi rispose: – le primer rappresentazioni d’un’opera importante.
Ed un terzo mi disse: – Venite quest’oggi con me: vi mostrerò qualche cosa di splendidamente monumentale.
Prendemmo una vettura, che ci portò al giardino pubblico, detto Palermo, superba mostra della più lussureggiante vegetazione, nel tempo stesso che raccolta zoologica d’inestimabile valore. Però il monumento che l’uomo seriissimo voleva mostrarmi non era quello: deviammo un po’ dalla passeggiata pubblica e andammo nel recinto delle corse dei cavalli. Qui la nostra vettura fece sosta:
– È questo il monumento? – domandai, un po’ mortificato, non vedendo che un gran piano, più o meno erboso; dei cavalli in aspettativa, della gente a gruppi, dei pali infossati e dei segni di confine.
Il mio uomo più che serio mi fece accostare a qualche gruppoi, invitandomi a stare attentissimo non meno alle corse dei cavalli che alle ancor più sbrigliate scommesse dei gruppi cui stavano vicini.
Le corse cominciarono in quella guisa che, nel gran mondo dello Sport, cominciano e si effettuano tutte le corse di questo genere. Cavalli di razza che sembrano aver l’ali ai piedi; fantini che cadono; distanze che spariscono; terreno che vien divorato; nugoli di polvere che s’alzano.
L’importante non era là: era molto più vicino a me. Qui uomini pallidi, trepidanti, seguivano le rapidissime mosse. A un ceto punto l’uno diceva: – Scomemetto per mille scudi su quesl baio inglese: – l’altro soggiungeva: – Scommetto per diecimila su quel nero tedesco. – A poco a poco le scommesse ingrandivano prodigiosamente: gli scudi diventavano sterline; le diecine di migliaia finivano col diventare centinaria di migliaia! –
Maraviglioso e scandaloso, ma vero! Gridate pure all’americanata, ma non a carico di me che v’espongo fatti. Credevo anch’io di trasognare e non assitevo che alla realtà. Senza contare che c’era pel mezzo altro genere di scommesse, più tacito: le scommesse preventivamente fissate negli uffici dello sport in città.
Col procedere delle corse e delle scommesse, tutte quelle faccie livide mi parevano a poco a poco diventate fantasmi; i cavalli sembravano tutti un corpo con chi li cavalcava: credevo rinascere in piena mitologia per una parte; in piena orgia babelica per l’altra.
Il mio compagno mi domandò: – Non è, per Buenos Aires, un gran monumento cotesto?
Convenni, finchè egli volle, ch’era un monumento, ma pregai l’uomo serio di non farmi più assistere a tali scene. Ciascuno ha il proprio temperamento: io sentiva che tutto ciò mi faceva male, più che se avessi assistito a un disastro ferroviario, dove, almanco, c’è da far vribrare fortemente la corda della pietà. La nostra carrozza s’allontanò da quel recinto. Due signori, lungo la strada, salutarono famigliarmente il mio compagno; egli li invitò a salire nella vettura: si parlò del nostro punto di provenienza e del monumento di aberrazione cui avevano assitito.
Uno dei nuovi saliti disse: – Si potrebbe portar il signore ad ammirare un altro monumento.
– Di questo invero ne ho avuto abbastanza, – risposi.
I tre si scambiarono qualche segno d’intelligenza, poi diedero un ordine al cocchiere e da lì a poco tempo la carrozza si fermò dinanzi ad un recinto murato.»

Ferdinando Resasco, Alle rive del Plata. Ricordi di viaggio. Milano: Fratelli Treves Editori, 1890.




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