«Non dimenticheró
mai
Quella notte
indiavolata..
Presentandomi
all’entrata
Del Fortino, un
ingaggiato
Che era mezzo
imbabolato
Non conobbe il
camerata.
Era un “gringo”
così... “gringo”,
Che nessuno
l’intendeva.
Va a saper donde
pioveva!
Forse non era
cristiano....
Tutto quello che
diceva
Era: “So’ pa-po-litano”.
Stava lí di
sentinella,
E per causa d’esser
cotto
Non mi vide ben di
botto:
Fu la colpa tutta
lí:
Il bestion
s’impaurí,
E cosí pagai lo
scotto.
Al vedermi
avvicinare
domandò: —“Né, chi
n’ ce sta?”
—Ma che cesta! Tira
lá.—
dissi; ed egli: —“Accá nun passe”.—
Io, credendo che
scherzasse,
Sarai tu, — gli
dissi, — “accá”.
Lí per lí —Cristo
m’aiuti—
Scricchiolare lo
schioppo sento;
M’abbassai, che nel
momento
Quel brutaccio mi
sparó.
Ubbriaco, non miró;
Se mi coglie, sto
contento.
Si capisce che allo
sparo
Il vespaio andó in
furori;
Venner gli ufficiali
fuori,
Cominció la
tarantella:
Restó lí la
sentinella
E Martin... dai
battitori.
Entro quattro
baionette
Mi disteser sulla
terra.
Mezzo nudo, ecco si
sferra
il Maggiore, e lí a
gridare:
“Or ti mando a
reclamare
Il salario sotto
terra!”.
Mi legaron mani e
piedi
Spalancati a’
quattro venti.
Non un “ahí!” m’uscí
dai denti
A quel grandinar di
bótte;
Ma a quel gringo
quella notte
Mandai mille e più
accidenti.
Io non so perché il
Governo
Fa venire alla
frontiera
Questi “gringhi”; che
ne spera?
Se non sono buoni a
niente!
Il Governo,
certamente,
crede il “gringo”
sia una fiera.
Servon solo a dar
fastidio;
Ché non sanno né
insellare
E né meno macellare;
E mi son talvolta
accorto
Che né meno a un
caval morto
si volevano
appressare.
Se la passan lor
signori
Tutto il giorno ciarlottando
In panciolle, sino a
quando
Vien con il rancio il
soldato.
Oh! Per quanto a
delicato,
Sembran figli a re
Fernando.
Se fa caldo, sono
stracci;
Se fa gel, dalli a
tremare;
E si astengono dal
fumare
Per non spendere il
soldino;
Se ha una mozza un
lor vicino
Giá li vedi
disputare.
E si abbioscian
quando piove,
Come can che senta i
tuoni;
Che per viver tra l’ovatta;
Se una negra in lor
s’imbatta
Fanno i santi... Che
grulloni!
Per veder, son come
ciechi,
Non arrivano a
capire;
Non c’é un sol che
sappia dire
Se qualcosa al largo
ruzzola,
S’é un puledro, s’é
uno struzzo
O un vitel che vuol
fuggire.
Se a combattere van
fuori,
Dopo molta messa in
scena
Si spauran da dar
pena
Ed ognun batte il
trentuno;
E’ lo stesso come se
uno,
Desse al gatto uova
per cena.»
José Hernández, Martin Fierro y La vuelta de Martin Fierro. Poemi creoli tradotto in versi italiani da Folco Testena. Buenos Aires: Edición de la Revista “Nosotros”,
1920.
Imagen: ilustración de Juan
Carlos Castagnino (1908-1972), tapa del Martín Fierro, traducido por Folco Testena, publicado en 1920, en la Edición
de la Revista “Nosotros”.
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