«Senza mandare innanzi una sola parola
di introduzione vi annuncio, o dilettissimi, l’argomento, che tolgo a trattare
in questa Lettera Pastorale, che secondo l’uso antico e comune della Chiesa vi
indirizzo all’avvicinarsi del tempo sacro della Quaresima: l’argomento è l’Emigrazione. M’affretto a significarvi
anche le ragioni, che mi indussero a dare la preferenza a questo argomento
sopra molti altri, che mi si affacciavano alla mente.
Sono parecchi anni ch’io andava mevo
stesso coltivando il pensiero di ragionarvi di questa emigrazione delle nostre
campagne, che or cresce, or scema, ma non cessa mai del tutto e che gli uni è
un bene, per gli altri è un male e per non pochi passa come un fenomeno
inosservato, perchè quasi ordinario e del quale non vale la pena occuparsi.
Strano contegno quello di questi ultimi! Come se la partenza dall’Italia di
100,000 persone ogni anni, quanti in media sono gli emigranti, fosse un fatto
di nessuna o lieve importanza pel nostro paese.
Se non che l’anno, che testè
chiudevasi, l’emigrazione presso di noi ha presentato un episodio assai tristo,
che trasse sopra di sè l’attenzione delle persone serie, non tanto pel numero
degli emigranti, quanto per le dolorose vicende, onde parecchi di loro furono
vittime. Alla vista di quelle infelici famiglie di emigranti obligate a partire
ed impotente a partire, ricoverate quà e là, com’era possibile in quelle
distrette, bisognose di tutto, gli uomini di cuore e che ragionano sentirono la
necessità e il dovere di studiare un po’ meglio questo fenomeno ormai pemanente
della emigrazione e far si che più oltre non abbiano a rinnovarsi i brutti casi
e le scene miserande, che contristarono alcune parrocchie. È questo il primo e
principale motivo, che mi induce a fare della emigrazione il soggetto di questa
Lettera.
Se ne aggiunge un altro: qualunque
persona anche solo mezzanamente istruita troppo bene deve comprendere come il
fatto della emigrazione sia strettamente legato a tutte le questioni economiche
del lavoro e del salario, dei sistemi di agricoltura e quindi della questione
sociale, che muta le forme, ma in sostenza è sempre la stessa e che (non si
illudano i padroni e gli affittuali) agita sempre le nostre popolazioni
agricole. Tante braccia, che la emigrazione sottrae al lavoro, il vuoto che
resta, i molti interessi mutati, alcune famiglie separate, parte qui e parte in
America, non possono essere indifferenti rispetto al lavoro, al capitale, alla
produzione e al consumo e quindi alla economia politica[1].
Ma questo è il lato meno grave della emigrazione.
Il lato più grave per chiunque abbia a
cuore i veri e più vitali interessi del popolo, massimamente pel Vescovo, è
senza dubbio il lato morale e religioso, che non è possibile separare dal nuovo
stato materiale, in cui troppo spesso trovansi quasi incosciamente gittati i
nostro poveri emigranti. E non si tratta già di alcune decine, ma di parecchie
centinaia e migliaia di uomini e di donne, che ogni anno colle loro famiglie
abbandonano per sempre l’Italia e salpano per la lontana America. Come rimanere
insensibili a questo spettacolo di sì grande moltitudine, che volge la spalle
all’antica patria e va in cerca di un’altra, che conosce appena di nome? Come
non commuoverci al pensiero dei patimenti morali, questo strappo della patria
deve cagionare in tanti nostri fratelli? Come non volgere un mesto pensiero ai
disagi ed ai pericoli della lunga navigazione, specialmente per le donne e pei
bambini, e alla sorte sì incerta che attende tanti esuli volontari sulle
spiagge del Continente americano? Soltanto un uomo senza cuore, senza filo di
amore e di pietà pei fratelli sofferenti, che non sa cosa sia patria, può
mirare con occhio indifferente quelle lunghe file di vagoni trasportanti a
Genova tante famiglie dei nostri sì buoni e sì laboriosi contadini.»
Mons. Geremia Bonomelli, Vescovo di
Cremona. L’emigrazione. Cremona:
Tipografia Giovanni Foroni, 1896.
[1] In una sola
parrocchia della Diocesi, di 3000 anime, posta in una plaga assai ricca, nel periodo
di pochi anni, emigrarono circa 500 persone, il sesto della popolazione. Questo
fatto, che appresi dal Parroco, basta a darvi un’idea delle proporzioni, che l’emigrazione
assume tra noi.
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