miércoles, 1 de marzo de 2017

Emigranti, de Domenico Tumiati. Música de Vittore Veneziani (1901)



«Calò sopra la nave un denso velo
di nebbie; e come un cieco, nella notte,
inoltrava la prora sulle onde.

Di tratto in tratto, un fischio di sirena
fendeva il buio; e il corno d’allarme
squillava nella vana immensità.

*

Un’ombra, ad ogni luce della tolda
si disegnava sul nebbioso muro,
ove, d’un colpo, s’erano spolte
ombre umane raccolte sulla poppa,
ombre vaganti a una remota terra,
uomini in fuga al bando della fame.
  
Sull’abisso sospesi, e dal mistero
dei cieli avvolti, disperata prole,
olocausto del mondo, dentro un’arca
navella, in traccia di novello sole.
  
E v’era un cantastorie, che cercava
tra gli allarmi e l’agguato della notte,
le sue smorte parole d’intonare.
Cantava, perso nel fiato del mare,
trascinando le vecchie romanelle
sovra i sungulti della sua chitarra:
  
- E quando gli orecchini t’ebbi visti,
e il cero era vicino alla tua bara,
tre volte ti chiamai e non venisti,
tre volte ti chiamai, anima cara.

E quando gli orecchini t’ebbi visti,
e la tua vesta candida di sposa,
io tenni sulla bara gli occhi fissi;
e ogni chiodo mi ferìa la gola. –

Ascoltavano intorno gli emigranti,
macchie confuse nella nebbia folta,
avvolti nei mantelli, a quando a quando
accendendo le pipe, con un ratto
graffio di luce, nelle palme accolta.
  
Sparivano, in quel lampo, muscolose
teste, barbe ricciute e magre mani:
due donne già dormivano, col capo
sui sacchi, strette dentro scialli neri;
un giovine seduto al parapetto
si dondolava al ritmo del cantore,
e una bambina dava un lento lagno
quando la madre più non la cullava.

- Giovanna, disse il giovine all’orecchio
della donna, sfiorando con la palma
la creatura che teneva in grembo;
dammi la bimba, e scendi a riposare. –
Lo scialle, aperto, gli battè sul volto:
si levava una braezza; e le dormenti
scesero a una a una il boccaporto.

La nebbia si scioglieva: quattro lievi
punti di luce svelarono il cielo;
si animarono i vetri alle lanterne:
e il morso dell’elica sospinse
la carena, più ratta, sulle onde.

Come tracce smarrite, nell’eterno
spazio, si risvegliavano le stelle;
e si svegliava con una canzone
giuliva, nei suoi stracci, il cantastorie.

– Senti, Anna, senti la bella canzone,
dicea il fabbro stringendo la bambina,
Anna Maria, non senti la canzone? –

– Son rivenute le castagne nere;
son rivenute le veglie sui monti... –
Anna cedeva al sonno lenta lenta,
di riccioli coprendogli la fronte.

E il fabbro pose la bimba a dormire
fra due sacchi, dov’erano le cose
di Giovanna, il corredo custodito
dalle sue mani, con cure gelose,
nel partire dal suo nido romito.»

Tumiati, Domenico. Emigranti. Lirica musicata per melologo da Vittore Veneziani. 2a edizione. Bologna: Ditta Nicola Zanichelli, 1901.

En la fotografía: Domenico Tumiati.


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