«DE MAURO Allora, già che abbiamo tra le mani il
Meneghello di Libera nos a Malo, un’altra
citazione: “La lingua si muove come una corrente: normalmente il suo flusso
sordo non si avverte, perché ci siamo dentro, ma quando torna qualche emigrato
si può misurare la distanza dal punto dove è uscito a riva. Tornando dopo dieci
anni, dopo venti anno dalle Australie, dalle Americhe: in famiglia hanno
continuato a parlare lo stesso dialetto che parlavano qui con noi, che
parlavano tutti; tornano e sembrano gente di un altro paese o di un’altra età.
Eppure non è la loro lingua che si è alterata, è la nostra. È come se anche le
parole tornassero in patria, ri riconoscono con uno strano sentimento, spesso
dopo un po’ di esitazione: di qualcuna perfino ci si vergogna un poco”.
In Italia, si tratta di un’esperienza piuttosto comune.
Basta parlare con un nostro emigrato, magari con qualche professore di
università, anche di seconda generazione, di origine italiana, diventato un
bravo studioso negli Stati Uniti o in Autralia. Se ha perduto i contatti con l’Italia
si avverte nel suo modo di esprimersi una vera e propria frattura, perché parla
il dialetto che si è portato via dal Paese quaranta, cinquant’anni fa.
Del resto, ti ricordi in quella poesia di Pavese, una
delle prime, I mari del Sud, il
dialoho con un cugino emigrato per anni e poi tornato nelle Langhe? “Non parla
italiano / ma adopera lento il dialetti, che, come le pietre / di questo stesso
colle, è scabro tanto / che vent’anni di idiomi e di oceani diversi / non gliel’hanno
scalfito”. Certo, Meneghello è stato un osservatore privilegiato perché non ha
mai perso i contatti con Malo e poteva osservare questo fenomeno da una
cattedra di italianistica a Reading.»
Andrea Camilleri – Tullio De Mauro, La lingua batte dove il dente duole. Bari: Laterza, 2013.
Luigi Meneghello, Libera nos a malo. Milano: Feltrinelli, 1963.
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