«Le correnti migratorie, gli scambi
commerciali e i traffici non sono riusciti finora a diffondere negli stati
europei – e segnatamente in Italia – la conoscenza dei paesi del Sud-America
che in proporzioni molto limítate; onde le classi medie e popolari d’oltre
oceano obbediscono, in proposito, a preconcetti le cui conseguenze non possono
a meno di riuscire dannose agli interessi generali.
Scrittori di buona volontà non mancano
di venire spesso alle regioni platensi col proposito di studiare a fondo la
vera situazione delle cose; ma o vi si trattengono troppo poco per dirne poscia
con coscienza e competenza, o pubblicano libri e relazioni sospettati di
soverchia parzialità così nel contenuto dei singoli giudizi come nell’esposizione
delle indagini compiute. E tutto rimane nella falsa luce di prima.
Gli emigranti – dal canto loro – non possono
essere elementi di propaganda utile e istruttiva. Venuti in cerca di lavoro,
nella maggioranza analfabeti e tozzi, badano sopratutto al pane ed a racimolare
qualche risparmio. La diversità degli usi, le nuove forme della vita sociale, l’arte
cui la loro intelligenza – d’altronde – non giungerebbe, le leggi alle quali –
senza capirle – obbediscono, li lasciano nella più completa indifferenza. E
tornano in patria come ne sono partiti, riassumendo quandochessia le loro
impressioni d’America in una frase vuota e inconcludente.
E ancora quelli che tornano e che la
loro coltura e il loro spirito d’osservazione sarebbero in grado di raccontare
qualcosa seriamente, se hanno acciuffata la fortuna descrivono questi paesi coi
più smaglianti colori, veri paesi di cuccagna dove i campi danno messi d’oro;
se invece li ha perseguitati una sorte avversa, narrano di mille tristi vicende
e di un’esistenza resa insopportabile da una infinita serie di ostacoli e
peripezie.
Poi come gli emigranti – quando ne
siano richiesti – ripetono di orde brigantesche che assaltarono questa e quella
fattoria, e incendiarono e distrussero; come ripetono della necessità di andare
armati fino ai denti e di tenere il portafoglio sempre stretto fra le mani,
senza distinguere Buenos Aires – per esempio – dalle regioni del Chaco e dalle
lande incustodite della Pampa, ne avviene che – almeno la gente volgare –
finisce per vedere aggressioni e incendi e ladrocini ovunque, e dovunque una
imbellettatura di civiltà sopra un fondo di barbarie.
Il volgo italiano ha dell’America un
concetto vago, indeterminato, confuso. E a volre gli si affaccia all’immaginazione
come una terra senza confini, e a volte racchiusa in confini così ristretti da
potersi eguagliare ad uno stato europeo di modesta estensione, facile ad essere
percorso in lungo ed in largo a proprio talento.
Perciò non vi riesce strano quando alla
viglia della vostra partenza per la repubblica Argentina, Tizio con un fiume di
parole dolci e cortesi vi prega di porgere i suoi saluti all’amico Caio
residente – mettiamo – a San Paulo; e un secondo d’informarlo suvito, col primo
postale diretto in Italia, delle condizioni in cui versa Sempronio stabilitosi
da parecchi anni a Pernambuco; e un terzo di recapitare un bigliettino ad un
suo parente il quale debe trovarsi in America ma non saprebbe precisamente
dove!...»
Francesco Scardin, Vita italiana nell’Argentina. Impressioni e Note. Buenos Aires:
Compañía Sud-Americana de Billetes de Banco, 1899.
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