L'Ambasceria straordinaria della Repubblica Argentina ricambia in Roma la visita di sua S. A. R. il Principe ereditario. A Palazzo Venezia il capo della missione Ezequiel Ramos Mejía esprime a S.E. il capo del governo la simpatia e l'ammirazione della grande repubblica amica. 10 aprile 1933.
Video "Giornale Luce" B0244 del 1933
Archivio Storico Luce
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Saluto di Benito Mussolini all’Ambasceria straordinaria della Repubblica Argentina, a Palazzo Venezia, il 10 aprile 1933.
«La
storia del popolo argentino si può sintetizzare in una duplice mirabile lotta
per l’indipendenza, e contro l’avversa natura per la prosperità del suo popolo.
In entrambe le lotte, fianco a fianco con i vostri grandi costruttori dell’Argentina
moderna, noi troviamo uomini della nostra stirpe.
Nella
nobile schiera dei San Martin, dei Rivadavia, dei Pueyrredon e di altri a cui
si riattaccano, signor Ambasciatore, le tradizioni stesse della vostra illustre
famiglia, noi troviamo Manuele Belgrano, figlio di liguri ed eroe della
indipendenza argentina. E nella più vasta schiera di costruttori, di
dissodatori, di capitani d’industria, noi troviamo un apporto generoso di gente
della nostra razza.
Il
sentimento di fraternità italo-argentina è, dunque, cementato da comunanza di
civiltà, di cultura, di lotta e di lavoro. Manifestasosi nelle fervide
accoglienze fatte dalla Nazione argentina a S. A. R. il Principe di Piemonte,
esso trova piena rispondenza nelle affettuose accoglienze che il popolo
italiano vi ha tributato fin dal primo momento che avete posto piede sul nostro
suolo.
Il
popolo italiano, dai lavoratori e navigatori agli uomini di pensiero, conosce
la vostra Nazione, la sua tradizionale ospitalità, la simpatia per la cultura
italiana.
Dai
tenaci agricoltori che, approfittando della varia successione delle stagioni,
traversano nello stesso anno due volte l’Oceano per compiere un raccolto nel
vecchio mondo e uno successivo nel nuovo, agli insigni studiosi che portarono
nelle vostre Università lo spirito della civiltà italiana, agli uomini del commercio
e dell’industria, tutti conobbero l’intelligenza e la cordialità del vostro
popolo e fecero conoscere ed apprezzare il lavoro, l’ingegno, la scienza, la
fede del popolo italiano. Uno dei nomi a noi più cari, quello di Giuseppe
Garibaldi, divenne un nome caro anche per voi e sulle piazze delle vostre belle
città scorsero monumenti in suo onore: e non per volontà di soli italiani.
Perfino
l’aspetto, dirò così, visivo della vostra capitale, grande metropoli latina di
oltre Oceano, rivela la fondamentale identità dei motivi sviluppatisi dal ceppo
della nostra Civiltà comune. L’atmosfera architettonica della Buenos Aires
monumentale accoglie familiarmente quelli di noi che si recano tra voi e placa
loro la nostalgia della lontananza con l’aspetto accogliente quasi di volti ben
noti. Del resto, una tradizione più volte secolare vuole giunta dall’Italia l’immagine
della Vergine che don Juan De Garay consacrò nella prima chiesa di Santa Maria
de Buenos Aires.
La
Nazione Italiana, che ha seguìto con profonda ed affettuosa simpatia la grande
Nazione Argentina, la sua mirabile ascensione perseguita con fede, tenacia,
intelligenza, è lieta e fiera dei vincoli di sincera amicizia che per virtù dei
due popoli e per volontà dei nostri Governi sono destinati a rafforzarsi ed
allargarsi in avvenire, con reciproco vantaggio dei nostri due Paesi e nell’interesse
della collaborazione pacifica tra tutti gli Stati.»
Bibliografía: Orano, Paolo (a cura e con prefazione di), L'espansione coloniale. Collana "Le direttive del Duce sui problemi della vita nazionale". Roma: Casa Editrice Pinciana, 1937.
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