«Nessuno
ne sa niente. Ma Assunta ha deciso di aprire un varco nei giorni sempre uguali,
un varco che la porti lontano. E più ci pensa più quel varco si schiude,
lentamente, verso un’altra vita dall’altra parte del mondo.
L’altra
parte del mondo. Due figli partiti ragazzi, che non torneranno. Nn sono più
tornati, come hanno fatto invece tutti gli altri del paese che ora ne parlano,
di quelle terre lontane, la sera davanti a un bicchiere di vino: raccontano di
nuvole in corsa, di cieli immensi, di polvere, fango, campi sterminati, delle
strade piene di gente, del porto di una grande città.
Buenos
Aires. Un nome che per loro è ancora un miraggio, una speranza, una delusione
cocente come il tradimento di una donna. In qualche caso un rimpianto. Oppure
niente di tutto questo, solo un’inestinguibile estraneità.
Nelle
loro brevi lettere, una all’anno, i suoi figli non raccontano molto, come per
pudore. O forse non credono che possa immaginarla attraverso le loro parole,
quella terra lontana.
Non sa,
Assunta, che colore abbia quel mare. Non conosce le sfumature dei tramonti, il
sapore dei cibi, l’odore delle strade. Si è convinta, giorno dopo giorno, che
tutto a Buenos Aires devv’essere bello, straordinario. Altrimenti i suoi figli
sarebbero tornati. Sarebbero lì, ora, a bere vino, e a raccontare storie.
Accanto a lei.
Non l’avrebbero
lasciata sola in questa casa di cui, forse, non hanno più memoria, con gli
occhi pieni di colori e luci nuove. Oppure ne conservano un’immagine sbiadita,
come una vecchia fotografia troppo guardata in cui non si riconoscono più i
lineamenti delle persone che una volta ci erano care.
È a
quell’immagine che mandano le loro lettere. Ma lei non è più in quella foto:
lei è viva e vuole vedere Buenos Aires. E loro due, che in tanti anni chissà
come sono cambiati.
Quasi
dieci anni pria le hanno scritto: tra un po’ veniamo a trovarti, e non sono mai
venuti. Così ha pensato, vado io. Ci ha riflettuto molto, ma alla fine la
decisione s’è aperta come un fiore, da sè.
Ha raccolto
i soldi che le hanno mandato e che non ha mai speso. Li ha presi dal casetto
dove li tiene avvolti in un pezzo di tela. È andata dal parroco e si è fatta
comprare i biglietti per il viaggio. Fino a Genova col treno, e poi con la
nave. Fino in Argentina.
È troppo
vecchia per partire, le ha detto il parroco, e scuoteva la testa. Ma non ha
neppure provato a fermarla. La conosce da quando era ragazza, sa bene che ormai
è già partita, col pensiero, con la speranza.
È
vecchio come lei, la capisce; non gliel’ha detto, ma piacerebbe anche a lui
andare in quella terra dall’altra parte del mondo e vedere con i suoi occhi se
è davvero così grande, se l’orizzonte non è nascosto da colline, da montagne,
ma si allunga all’infinito, dove lo sguardo non arriva.
Le ha
detto solo: non raccontare a nessuno che parti, vai via senza saluti, senza
lacrime. E l’ha portata al treno sul suo calessino scassato, una mattina
presto, in mezzo a una nevicata leggera, uno sfarfallare di addii, ricordati di
noi ora che vai lontano.
C’era il
mare, di mezzo. Lo sapeva, ma non ci aveva mai davvero pensato.»
Mambelli,
Renata, Argentina. Firenze: Giunti,
2009.
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