viernes, 27 de enero de 2017

La emigrazione italiana nella Repubblica Argentina, de Giovanni Graziani (1905)




«PREFAZIONE


Dell’Argentina e dell’emigrazione italiana nell’Argentina quanti non hanno parlato e scritto? Abbia il cortese lettore la bontà di gettare l’occhio su alcune delle numerose note bibliografiche che fanno seguito al mio testo, e potrà constatare come l’argomeno anzidetti sia stato trattato da numerosi scrittori ben superiori di me per profondità di erudizione e per forza d’ingegno.
Fu dunque audacia la mia di scegliere per le mie investigazioni di studioso un campo così esplorato dai geografi e dagli economisti?
Ognuno avrebbe il diritto di crederlo qualora io non sentissi il bisogno di dichiarare anzitutto, che un sincero sentimento d’amor patrio mi spinse ad opera così ardua e difficile, perché fine supremo del mio lavoro fu per me, quello di scuotere dall’accidia atavica i miei concittadini, col rammentare a quanti sentono pietà di patria e fierezza di uomini liberi e civili, che in lontane terre, perduti non si sa quando, non si sa come, trascinano una vita derelitta centinaia di migliaia di fratelli, scacciati dalla miseria dal suolo natío, spinti lontano da fallaci lusinghe di guadagni e, ciò che più addolora, raggiunti continuamente da migliaia di insensati che senza idee, senza propositi, senza meta, muovono verso lidi ad essi del tutto sconosciuti, attratti unicamente dalla seduzione dell’ignoto, abbarbagliati dalla speranza radiosa della ricchezza.
Io non presumo di rivelare niente di nuovo, chè, ancora tre anni or sono, un egregio italiano, Luigi Barzini, a cui io molto debbo del mio lavoro modesto, inviato dalla Direzione del giornale “Il Corriere della Sera” nell’Argentina, per investigare le vere condizioni della colonia italiana, in una serie di bellissime corrispondenze, dalle quali derivano molte mie reminiscenze e citazione, primo fra tutti coloro che, incaricati del medesimo mandato, si erano lasciati circuire e corrompere dai figli del paese, scrivendo meraviglie di quella Repubblica, osò dire il vero, rivelando le condizioni deplorevoli in cui erano abbandonati i nostri contadini, esposti alle frodi ed alle violenze dei proprietari ed all’arbitrio di una Giustizia venale, rivelando la corruzione dell’Amministrazione di quel Paese, che adesso, – questo fra parentesi – sembrerebbe avviato, una buona volta, in una savia politica di ravvedimento.
Oltrecchè saper di compiere opera patriottica, tentando di destare negli Italiani della Penisola un sentimento di nobile solidarietà in favore dei fratelli del Plata e di promuovere fra la opinione pubblica italiana e quella argentina quella cordiale intesa, che solo può stabilirsi fra due Nazioni quando si sono reciprocamente conosciute e nei loro pregi e nei loro difetti, io sapevo anche che il mio modesto libro poteva rispondere ad un altro scopo: quello di raccogliere quante notizie sui più disparati argomenti erano state scritte intorno all’Argentina ed alla emigrazione italiana e, con un lavoro paziente di analisi e di sintesi subordinato alle norme di un rigoroso metodo scientifico, sì nella ricerca, come nell’esame e nel controllo delle fonti, di presentare un tutto organicamente costituito e plasmato sopra un ordine di considerazioni soggettive, le quali non escludono tuttavia un esame obiettivo dei fatti, ma ne costituiscono invece una interpretazione individuale e originale.
Del resto i tempo corrono e, in breve volgere d’anni avvenimenti impreveduti o no incalzano senza tregua e danno talvolta una modificazione o meglio un orientamento nuovo al vivere sociale, quando le condizioni stesse della Società non sieno quelle che li determinano.
In ogni modo eventi grandi o piccoli si succedono ogni giorno e la società ad ogni istante trova fattori che la modificano.
Libri come il mio, sono di quelli che appena esposti al pubblico hanno un lieve pregio – sarà magari l’unico – che è quello di trattare di cose recenti: sono, come si usa dire oggidì, di “attualità”.
Avranno magari la vita di un mese, ma, al momento in cui escono, godono di una certa attrattiva, inquantochè, trattando le ultime vicende sociali di una data nazione o di più nazioni, presentano quella o quelle nelle condizioni in cui si trovavano ieri od oggi stesso.
Se dunque audacia fu la mia di trattare argomenti già da altri, ben più esperti di me, per l’innanzi studiati, tale audacia troverà, spero, presso il cortese lettore, una giustificazione che ne attenui la gravità, quando avrà compresso che io, altrochè tentare opera patriottica, ho voluto trar profitto della natura tutta propria dell’argomento la quale, metre lo renderà domani suscettibile di essere studiato da altri meglio che non sia stato da me, a me permise, dopo di aver ricapitolato l’opera di coloro che lo studiarono per lo innanzi, di prendere le mosse verso lo svolgimento di una sua parte nuova, sopra indagini ed osservazioni mie speciali.
Senonchè, per ottenere il mio scopo, ho dovuto sobbarcarmi ad un paziente lavoro di ricerca, di esame e di controllo delle fonti, nè le notizie scritte, quali si rilevano dai vari testi, potevano bastare alle mie investigazioni, come quelle che risultavano spesso contradditorie e talora fallacci o inverosimili; ma, per ottenere la piena sicurezza, sono stato costretto a ricorrere alle fonti orali, consultando persone che conoscono perfettamente l’Argentina per avervi a lungo dimorato o per avervi fatto fortuna, e così fu mia cura di ricorrere per speciali informazioni ad industriali italiani, propietarî di stabilimenti nell’Argentina, fra i quali debbo ricordare con animo grato, Antenore Beltrame, vicentino, che oggi è a capo di una vasta azienda in Cañada de Gomez, a professionisti, a impiegati, ad artigiani ed anche ad umili contadini che, meglio di tutti gli altri, hanno potuto conoscere il paese, per aver sperimentato direttamente, rimettendo del proprio, quel lontano regime politico-amministrativo.
Contuttociò io mi trovavo spesso in difficili condizioni perchè, mentre, seguendo rigorosamente la logica dei fatti, mi credevo condotto a stabilire un giudizio sicuro, a mio avviso, perchè basato sopra l’armonico accordo dei dati, un dubbio impreveduto, dovuto ad una nuova indagine, rovesciava il mio edificio e sconvolgeva i miei piani. Ho dovuto perciò procedere con grande cautela nel pericoloso lavoro dell’esame degli autori, reso edotto dall’esperienza delle difficoltà a cui conduce la leggerezza nella interpretazione delle fonti. Difficoltà maggiori le mie, inquantochè il mio argomento fu trattato, a differenza di molti altri, da parti interessate, le quali non si proponevano come mèta la verità, ma ritornavano sui soliti pregiudizî inveterati, quando la passione politica non avesse falsato arbitrariamente i fatti, per condurre artificiosamente a conclusioni prestabilite.
Ho voluto attingere alle fonti ufficiali dei Governi Sud-Americani, ma la poca serietà di quei Governi, non poteva rendermi sicuro dei dati da essi fornitimi. Sono ricorso, allora alle fonti orali, ho interrogato persone che conoscono bene l’Argentina, e forse è a loro che io devo i giudizî più equilibrati e più sicuri.
Prima però di por fine a questa prefazioni, desidero di porgere i sensi della mia più profonda riconoscenza a quelle illustri persone e a qulli spettabili Enti morali d’Italia e d’Oltreoceano, che con sentimenti elevati di patriottismo o benevoli di simpatia per la mia opera modesta, vollero degnarsi di sovvenirmi di preziosi suggerimenti e di sussidî bibliografici. Ed ora, fra gli argentini, vada il mio riconoscente saluto a Giovanni Alsina, direttore della Divisione d’Immigrazione, vada a Stanislao Zeballos, a Martin y Herrera professori illustri dell’Università di Buenos Aires, ed al gentile figlio di quest’ultimo, vada, fra gli italiani, a Domenico Tomba che continua a Mendoza, le belle tradizioni del rey del vino, a Giuseppe Pennesi dell’Univrsità di Padova, mio illustre maestro, a Luigi Bodio, ad Ausonio Franzoni, autore di pregevoli lavori a cui mi sono spesso informato, al console Romej di Bologna, ed, in special modo, alla patriottica Camera italiana di Commercio ed Arti di Buenos Aires, che mi onorò di un pregevole dono, inviandomi quel bellissimo volume al quale si sono ispirati varî scrittori italiani di cose economiche, del titolo: “Gli Italiani nell’Argentina”.
Mentre esprimo pubblicamente la mia riconoscenza a tutte queste egregie e cortesi persone che desidero segnalare alla pubblica lode, do fine a queste povere parole di proemio ed invito il gentile lettore a seguirmi.....   nelle mie peregrinazioni nell’Argentina.


L’Autore

Chiavenna, 1.° Marzo 1905

Dott. Giovanni Graziani. La emigrazione italiana nella Repubblica Argentina. Opera corredata da recentissimi dati statistici seguita da numerosi allegati e da ricca notizia bibliografica. Torino – Roma – Milano – Firenze – Napoli, Ditta G. B. Paravia e comp. (Figli di I. Vigliardi-Paravia), 1905.

1 comentario:

  1. Leggevo ieri in Archivio documenti relativi al periodo 1946 - 1950 "le autorità vaticane sono state sollecitate da diversi enti e personalità, ed anche da vescovi e da parroci, ad esaminare anche esse le possibilità che si presentano per l'emigrazione ..." ecc ecc ecc Per non dire del dialogo che San Martino Valperga dice di aver avuto con Irigoyen nel 1922. In soldoni l'argentino gli disse che se gli italiani in Argentina fossero tutti uniti, lui durante la sua presidenza avrebbe dovuto andare dal ministro italiano (capo legazione in quegli anni) per ricevere ordini. Què osadia la afirmacion!

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