"Vi sono più nomi che posto. Ricordo quando a casa mia, in America, sentivo da mio
padre e da mia madre quei nomi, e l’immaginavo distesi in un vastissimo paese
popolato di avvenimenti e di tipi. Invece son pochi ettari. Ma la sorpresa di
questa ristrettezza non mi ha tolto l’idea della grande vastità. Anche qui, per
la gente del paese, questi nomi si distendono assai più che non la terra. Penso
all’America, dove invece c’è tanta terra ancora scarsa di nomi, ancora scarsa
di significato; penso che il paese s’è moltiplicato nell’estensione del tempo,
e capisco l’Italia. Penso che io ho le nonne, e zie, cugini in paese; e poi ho
dei parenti in Francia, in Germania, negli Stati Uniti, in Australia; e che io
e i miei fratelli siamo nati a Buenos Aires; e allora la mia famiglia mi pare
vasta come il mondo. Penso che nel mio paese ci sono almeno cinquanta famiglie
–e cioè quasi tutte– vaste come la mia. Ecco la dimensione del mio
paese, mi dico. Mi fermai, mi volsi a guardare le sue poche case, i suoi
piccoli campicelli, e dissi fra me: questo non è che il centro, una sua
espressione nello spazio, come io sono il centro della mia vita.
Ora, nella seconda dimensione, io mi ritrovai a casa mia, e pensai che qualunque partenza poteva essere anche un ritorno, e capii che il mio paese, attraverso mio padre e mia madre, m'aveva dato me e m'aveva messo nel mondo; e che attraverso me m'avrebbe dato mio figlio".
Ora, nella seconda dimensione, io mi ritrovai a casa mia, e pensai che qualunque partenza poteva essere anche un ritorno, e capii che il mio paese, attraverso mio padre e mia madre, m'aveva dato me e m'aveva messo nel mondo; e che attraverso me m'avrebbe dato mio figlio".
Attilio Dabini, "Al Ticino", en Una certa distanza, Arnaldo Mondadori, 1944.
Imagen: Abbadia San Salvatore (Siena).
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