"Vent’anni.
Gli stavano sul viso
come caratteri scolpiti nel bronzo. Gli stavano anche nell’anima, ciascuno col
suo solco e col suo frutto. Come la zolla ch’egli avea fatto incidere per
cercarne la intatta forza e costringerla a trasformarsi in ricchezza, egli
aveva scavato l’anima propria per trarne le
energie presentite in potenza e costringerle al massimo rendimento, in guisa
che la lotta s’era svolta parallelamente sulla giovinezza della terra e in
quella dell’uomo; e il sorgere d’ogni conquista attorno il primo esperimento,
l’opulenta promessa d’ogni vigneto attorno la speranza del colonizzatore aveva
rappresentato una vittoria della volontà sulla passiva resistenza
dell’ambiente.
Da buon trionfatore
Andrea Roscaldi non aveva dimenticato la povertà angustiosa de’ primi né le
amarezze di quel noviziato cui s’era voluto cimentare sprovvisto d’aiuti e
d’esperienza, avendo per sé, solamente, l’intuito delle menti geniali,
l’ebbrezza del rischio e la temerità degli avventurieri, la fede dei solitari.
Era anzi fiero di ricordare
quei primordi della sua fortuna ed avrebbe voluto che un tale orgoglio servisse
agli altri per non offuscare un nome ch’egli solo aveva sollevato dalla miseria
di più generazioni, facendone un blasone di integrità e un simbolo di
conquista.
Tutti sapevano la sua
storia, per sommi capi.
Sapevano come, a
ventiquattro anni, egli fosse sbarcato in Argentina con poche lire in tasca,
una valigia regalata e un tesoro di volontà messa al governo di una prodigiosa
fibra di lavoratore. Sapevano che i millecinquanta chilometri da Buenos Aires a
Val d’Huco egli li aveva percorsi in due anni, a piccole tappe, seguendo le
squadre che costruivano la strada ferrata dalla capitale alla lontana città
preandina, vivendo la loro vita negli attendamenti e trasformandosi, da umile venditore di gazzose e
d’acquavite, in una specie di provveditore ambulante: ciò che gli aveva
permesso di raggranellare, soldo su soldo, un peculietto di parecchie centinaia
di pesos, con il quale, arrivato a Val d’Huco, aveva comperato il primo lotto
di terra ai prezzi irrisori di que’ tempi..
[…]
In mezzo a quel lento
rifiorire di vita, che, tra l’incuria o la miopia governativa e l’egoismo dei
parassiti impinguatisi alla provvida mangiatoia della politica paesana, si
faceva strada per merito di pochi volenterosi, Andrea Roscaldi aveva concepito
il disegno di dare una spinta audacissima all’iniziativa dei pochi,
risollevando dall’oblìo la vecchia industria vitivinicola per portarla a una
prosperità insperata e riconquistare così all’avvenire tutta una vasta zona
presso che improduttiva.
La storia di quella
lotta tenace fra il pionere armato di coraggio e l’ostilità altrui larvata
d’indifferenza interessava ormai poco e pochi; ma tutti ricordavano la prima
Bodega Roscaldi, così piccola che appena vi si poteva vinificare il prodotto di
quei pochi ettari acquistati coi guadagni della ‘strada ferrata’; poi, a mano,
a mano, l’ingrandimento parallelo della vigna e della cantina e l’affermarsi
magnifico di un’industria che si era rivelata capace di dare alla regione di
Val’Huco uno sviluppo economico quale nessuno avrebbe mai sognato in s’ breve
volgere d’anni.
Perché l’esempio era
stato fruttifero. Parecchi proprietari di latifondi s’erano dati con grande
ardore alla coltura della vite, portando un decisivo impulso al rialzo del
valore del suolo; altri, che non possedevano terra o preferivano un lucro al
sicuro dalle fortune aleatorie del solco, s’erano improvvisati cantinieri per
vinificare le uve acquistate a prezzi modesti, data l’esuberanza del prodotto,
e finalmente i più accorti erano diventati vignaioli-cantinieri, seguendo
l’esempio di Andrea Roscaldi, che rimaneva sempre il primo forte produttore e
conquistava via via i mercati argentini con la tranquilla sicurezza di chi deve
la sua fortuna all’assiduità intelligente dello sforzo personale.
Così per merito suo
principale, se non esclusivo, vaste zone di terra sassosa ove, pochi anni
prima, cresceva il cactus e la jarrilla, s’erano trasformate in floride plaghe
su cui il caldo topazio e l’indaco violento dei grappoli accendevano un
giocondo fervore di vita.”
PASINI,
Nella, I Roscaldi. Il Pionere. Firenze - Buenos Aires: Attilio
Vallecchi – Alfredo E. Mele & C., 1924.
Fotografía: canillitas de Buenos Aires.
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