«Economisti,
sociologhi, viaggiatori, tutti sono concordi, nell’affermare la grande
supremazia dell’Argentina su ogni altro paese d’immigrazione per noi, e lo
splendido avvenire che ancora le è riserbato.
Il
conte P. Antonelli scrive: “Il clima non potrebbe essere più favorevole, la
terra è fertile e di un’immensa estensione; la libertà di azione, di culto e di
pensiero è garantita; le comunicazioni sono rapide e facili nei centri di
colonizzazione; l’accordo più completo
regna fra indigeni ed immigranti; l’affinità della lingua facilita i
rapporti social”.
Almeno
80 mila immigranti, dice un recente rapporto del March. Malaspina di Carbonara,
R° Ministro in Buenos-Ayres,[1]
possono essere collocati annualmente nell’Argentina
senza alcuna difficoltà: e collocati,
si aggiunga, quali futuri proprietari di terre, dove non esistono nè padroni nè fazeinderos nè bosses nè schiavi bianchi nè nativisti.
Nel governatorato di Missiones sono disponibili numerosi lotti di terreno, di
100 ettari ciascuno, al prezzo di 2 pezzi l’ettaro (circa L. 5.30 al corso
attuale) pagabili in 5 rate annuali, consigliabili ai nostri coloni che hanno 7
o 8 centinaia di franchi.
Naturalmente,
non mancano nemmeno nell’Argentina i mestieranti e imbroglioni, che cercano di
vivere sfruttando i nuovi venuti: ma la loro triste influenza, per la
sorveglianza delle commissione d’immigrazione
delle provincia, è meno estesa e meno deleteria che altrove. Anche ad un libro
recente, presentato all’Esposizione di Torino (Sezione emigrazione e colonie della divisione Italiani all’Estero) intitolato appunto Gli Italiani nella repubblica Argentina, si rileva che la nostra
emigrazione vi ha una condizione economica buona e “ottima nei rapporti social”.»
Cesare
Carocci, Emigrazione italiana,
Firenze, Ufficio della Rassegna Nazionale, 1900.
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