«Signor direttore,
poiché il vostro giornale d’ieri sera
ha pubblicato un violento attacco contra la Cgil a proposito dell’emigrazione,
chiamando in causa direttamente il sottoscritto, vi prego di pubblicare
integralmente la seguente risposta:
1) Il problema dell’emigrazione è per
il nostro paese un grave problema sociale, nazionale ed umano, del quale
chiunque crede di doversene occupare, dovrebbe farlo con senso di obiettività e
di responsabilità, senza abbandonarsi ad attacchi bassi e privi di ogni
serietà, almeno per non dare l’impressione che si è al servizio di negrieri e
di schiavisti in cerca di lavoratori abbandonati al proprio destino e che
perciò possano essere sottoposti allo sfruttamento più feroce e inumano.
2) La Cgil che – contrariamente all’affermazione
menzognera del vostro giornale – è l’organizzazione più libera e democratica
che esista in Italia, e che perciò non può essere stata ‘presa’ de nessuno con
la ‘prepotenza’, segue una direttiva molto chiara e semplice nella questione
dell’emigrazione. Questa direttiva, nella quale concordano tutte le correnti
esistenti nella Cgil, si può così riassumere: a) favorire l’emigrazione dei
lavoratori italiani in qualsiasi paese tenendo conto di non far mancare la mano
d’iopera spezializzata per la ricostruzione dell’Italia e di assicurare al
lavoratore italiano all’estero la protezione e l’assistenza – in tutta la
misura del possibile – dello Stato democratico e delal Confederazione del
lavoro, in modo che l’emigrato non abbia a trovarsi isolato e indifeso e quindi
facile preda di sfruttatori senza scrupoli; b) poiché nel momento attuale sono
numerosi i paesi che domandano manodopera italiana, dare maggiore preferenza a
quelli che offrono migliori condizioni economiche e morale ai nostri lavoratori
e maggiori vantaggi al nostro paese (come quello del pagamento in materie prime
indispensabili ecc.); c) ottenere che le garanzie per i lavoratori siano tanto
più precise e sicure quanto più il paese d’immigrazione è distante, dato che la
distanza e il costo del viaggio renderebbero il lavoratore praticamente
prigioniero del datore di lavoro e quindi messo in condizione di subire
qualsiasi vessazione.
Nei confronti di una possibile
emigrazione in Argentina la Cgil non ha avuto e non ha nessuna opposizione di
principio. I suoi rappresentanti nella commissione governativa, che esamina il
rativo progetto di accordo, si sono limitati a sostenere proposte dirette a
evitare dolorose sorprese per i nostri lavoratori, ispirandosi alle direttive
generali di cui sopra. Tutto ciò che si afferma in contrario è falso ed è
diretto a impedire che i nostri lavoratori abbiano le garanzie neccessarie.
3) Contrariamente alle affermazioni del
vostro articolo di ieri, l’intervento della Cgil nelle trattative con vari
paesi (Belgio, Francia, Cecoslovachia ecc.) non solo è stato diretto ad
ottenere le migliori condizioni per i nostri lavoratori ma anche ad eliminare
difficoltà e ritardi di ordine burocratico nell’attuazione. Anzi, allo scopo di
rendere più solleciyo il reclutamento e la partenza degli emigranti, la Cgil ha
rivendicato questi servizi alle Camere del lavoro provinciali. Intanto questo
intervento della Cgil a cui voi attribuite così tenebrose quanto sciocche
intenzioni è valso per esempio a far dare alle migliaia di lavoratori che hanno
già emigrato in Francia – e ai 200 000 che ancora possono emigrare in quel
paese – gli assegni familiari anche per i figli che rimangono in Italia, oltre
che la facoltà di effettuare le rimesse in Italia in misura soddisfacente. Per
ottenere gli assegni familiari per le persone a carico del lavoratore rimaste
in Italia, è stata necessaria l’emanazione d’una nuova legge da parte del
governo francese. Questi sono vantaggi concreti che non interessano al vostro
giornale ma interessano molto ai lavoratori italiani.
4) Cadendo nel genere letterario da
romanzo giallo, il vostro articolo afferma che con la politica dell’emigrazione
seguita dalla Cgil ‘un continente nuovo come l’America non avrebbe potuto
essere incivilito’. Se questo ragionamento avesse un senso vorrebbe dire che l’Argentina
avrebbe messo a disposizione del lavoro italiano una parte del suo territorio.
A noi risulta invece più semplicemente che si tratta di lavoratori che
dovrebbero andare a lavorare come salariati di imprenditori argentini. Ma c’è
qualcuno del vostro giornale che sappia qual è la vita (se così si può
chiamare) dei lavoratori agricoli occupati nelle fazendas sudamericane?
Tuttavia se non vi fosse altra via d’uscita, per i nostri lavoratori noi
capiremmo la necessità anche di adattarsi a delle condizioni peggiori. Ma
poiché abbiamo una certa facoltà di scelta, per quale ragione non dovremmo preferire
le condizioni più sicure e migliori per i lavoratori?
La Cgil ha coscienza di compiere il
primordiale dei suoi doveri, difendendo e valorizzando come meglio può i
lavoratori italiani dentro e oltre i confini dell’Italia. Essa non si lacscerà
deviare da nessun attacco e da nessuna menzogna.
Grazie della pubblicazione.»
En: Nuovo
giornale d’Italia, 15 febbraio 1947.
Reproducido en: Giuseppe Di Vittorio, Le strade del lavoro. Scritti sull’emigrazione.
A cura di Michele Colucci. Roma: Donzelli, 2012.
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