Lettera di Leonardo Placereano*
(Buenos Aires, 9 Luglio 1880)
Buenos Aires 9 luglio 1880
Carissimo
padre,
Eccomi
ritornato in Buenos Aires, e ringraziando il Signore sono sempre stato e sono
in buona salute, e spero anche di voi, della moglie, figli e tutta la parentà.
Ai 27 marzo siamo partiti dalla caserma dell’Emigrazione io e Francesco Gubiani
con sua moglie alla volta del Paraná, in vapore di terra fino alla Campana e
poi siamo imbarcati su quello di acqua. Questo è un magnifico viaggio che
pareva proprio di scrivere inmediatamente: partite e venite in questi deliziosi
paesi. Il vapore andava sempre tranquillo costeggiando sempre deliziosi boschi
di salici piangenti che diverse volte colle loro frondi lambivano il vapore.
Ai
28 s’arrivò al Rosario che è il porto dove si cambia il vapore, nel qual tempo
si poté andare a messa; e ai 29 s’arrivò al porto del Paraná che è piccolo,
lontano circa 40 miglia dalla città. Il viaggio per andaré in città non dava
neppur bell’aspetto, perché non si vedeva neppure bel legno, ma quasi tutto Bosco
di basso fusto e tutto spinoso.
Arrivati
che fummo al paese, per fortuna trovammo dove mettere i bagagli sotto un pórtico,
essendo là ancora una familia d’Ospitale che non aveva potuto trovare dove
stabilirsi.
Dopo
andammo tutto il giorno in giro pel paese; quelli che vi abitavano ci dicevano
tutto il male che potevano, maledicendo l’ora che sono partiti, le lettere che
li avevano traditi, il tempo che dovevano perderé senza lavoro e tante altre
cose.
Nel
paese erano a spianare una Piazza più di 50 Emigranti Italiani, i quali
dovevano lavorare quasi per la spesa, perché li manteneva l’Emigrazione fino a
tanto che viene loro consegnato il terreno.
Questo
terreno l’aspettano giorno per giorno, ma neppure loro sanno quando, perché il
perito che lo consegna non sanno dove sia andato e neppur quando ritornerà.
L’indomani
siamo andati a trovar quelli che sono sparpagliati per le praterie. Circa 4
miglie dal paese si comincia a vedere queste capanne. Là abbiamo trovati
diversi Gemonesi. Oh che differenza abbiamo trovato in loro di quella che prima
si credeva; devono star allegri perché quello che è fatto non è più rimedio,
devono lodare il loro stato, ma se fossero a venire, non di mia opinione, ma
dai loro detti non verrebbe nessuno.
In
Italia almeno la è la speranza in molte cose, ma, dove si trovano, quasi tutti
questi contadini, anche che vengano i generi, avranno sempre pochissimo comercio.
Queste
parole le dicono, non io, ma loro che mai più potranno veder Italia.
*Fonte: Cronaca dell'emigrazione, in Bullettino dell'Associazione Agraria Friulana - Udine, S. III, vol. III, n. 41, 4 ottobre 1880, pp. 323-324.
“Lettera
di Leonardo Placereano” en Franzina, Emilio, Merica! Merica! Emigrazione e colonizzazione nelle lettere dei
contadini veneti in America Latina 1876-1902. Milano: Feltrinelli, 1979.
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