"Era l'ultimo di gennaio, quando arrivammo nel grandissimo porto Madero, dinanzi all'immensa città di Buenos Aires. Faceva un tempo splendido, con un sole limpido, terso, che metteva allegria. Il caldo era abbastanza sopportabile. Nell'onda viva di luce la città brillava bianchissima, come se fosse tutta nuova, e pareva anche più bianca fra il verde dei giardini che si vedevano perdersi in lontananza.
Si scorgeva già nettamente la Casa de Gobierno tutta rosa, grandissima, che spiccava nitida in mezzo a quel vasto panorama rifulgente, e pareva che quella casa sede di un altro governo, rappresentanza di un altro popolo, ci chiamasse, mettendoci dinanzi agli occhi come una promessa, col suo vago colore, il mondo di sogno e di speranze che ci avevano fatto abbandonar la patria, il nostro campo, l'ossa dei poveri morti che dormivano laggiù.
Io che nel lasciar Genova piansi di commozione, quando misi piede su quella nuova terra piansi di vero dolore. A lasciare quel bastimento su cui avevo vissuto per un mese intiero, considerandolo, nella mia piccola mente, come un lembo della terra che mi aveva visto nascere, sentii nell'anima il presentimento che quella terra non l'avrei più riveduta, e che l'Oceano mi avrebbe confinato per sempre in quel nuovo mondo, verso il quale la speranza e la disperazione mi avevano spinto."
Collodi Nipote (Paolo Lorenzini), Il Testamento di Berlingaccio. Storia di un piccolo emigrato. Séguito alle avventure di Chifellino. Firenze, Biblioteca Bemporad per i ragazzi, 1902.
Fotografía: Desembarcadero de la ciudad de Buenos Aires.
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