«Non poche volte ci siamo meravigliati di dover constatare
che l’Argentina non si rivelava amica, come avremmo voluto, come era giusto che
fosse, del nostro paese. Soprattutto ci meravigliò l’atteggiamento della
Repubblica del Plata al tempo delle sanzioni e della guerra etiopica. Quasi
tutte le altre repubbliche dell’America latina infatti, il Brasile, il
Guatemala, il Cile, l’Equador hanno allora sentito l’iniquità del gesto
societario; ma la Repubblica del Plata, dove pure tanti nostri connazionali
vivono e lavorano, no: e il ricordo di questa ingiustizia non è ancora
cancellato dalla nostra memoria. Ma pesano ancora troppo nella vita politica argentina
le torbide e tortuose ideologie democratiche; naturale che la nostra Idea, che
è chiarezza, gerarchia, disciplina, stenti ancora laggiù ad essere intesa.
Fermo ad una concezione politica e sociale che considera lo Stato non come un’unità
inscindibile e sacra, ma come una sorta d’apparecchio meccanico che possa
essere adattato via via ai gusti ed ai capricci di chi sa impadronirsene, l’argentino
per temperamento e per tradizione non ha fede negli istituti, non ne ha negli
uomini: crede alla giornata, non crede ancora alla Storia.
Sarebbe dunque un errore chiamare colposo un sentimento
nato da una concezione della vita e della politica, non ancora matura e
consapevole. Né è d’altra parte un fenomeno unánime; non son pochi gli
argentini che cominciano ad intenderci. I colti soprattutto: noi conosciamo dei
letterati e dei giuristi, degli scienziati e dei pensatori che guardano oggi a
Mussolini come ad un autentico forgiatore e preparatore di un mondo nuovo; e
certi giornali non ebbero paura di affrontare anche l’impopolarità, pur di
affermare ieri ed oggi la propria simpatía all’Idea fascista.»
Mario Puccini, Civiltà italiana nel mondo. In Argentina. Buenos Aires: Società
Nazionale Dante Alighieri, 1938.
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